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Le olimpiadi (1936)
di Karl Valentin
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“Qui siedo io solo e scruto in giro ed ora in alto, ora in basso miro” così dice la vecchia canzone “Sulle rive del Weser”.
E così  all’incirca capitò a me quando mi trovai seduto solo soletto nello stadio olimpico.
Possibile, mi domandai, che fossi arrivato  in ritardo alle Olimpiadi?
E la risposta non tardò: “tutta colpa di SUA sventatezza!” uscì dalle mie labbra (quel “SUA”  sta per indicare me stesso). Infatti io per puntiglio non mi dò del tu ma del Lei, perché il LEI significa molto maggior rispetto verso sé stessi che quel darsi del tu.
Un solo giorno di ritardo, però sempre in ritardo!
“O Signore, alle prossime Olimpiadi del 1940 preservami da simili eventualitaggini!”
Benché mi fossi messo comodo era veramente scomodo starmene accomodato tutto solo, con in una mano il biglietto d’ingresso scaduto e l’altra mano nella tasca dei pantaloni.
Tutt’intorno a me non c’era anima viva né di qua né di là – un gran silenzio muto, zitto.
Il mio solo passatempo era aspettare. All’inizio aspettai lentamente, poi sempre più in fretta, non si scorgeva il minimo accenno  di inaugurazione dei Giochi, quand’ecco finalmente balenò un mio sguardo acuminato e i miei occhi si appuntarono giù sull’ingresso accanto al campo di gara.
Vidi un tipetto, il tipetto pareva cercarmi, il che gli riuscì alla prima occhiata. Le nostre pupille s’incrociarono a metà distanza. Io stavo seduto – lui si avvicinava- lei sola la piccola Lisa – per informarmi che l’ultimo giorno delle Olimpiadi era ieri.
“Che peccato!” gridai affranto verso l’azzurra immensità. Scattai su pian piano dal mio sedile e in un baleno abbandonammo la sede del grande “evento passato”.
Abbacchiati di gioia affrontammo con un mezzo pubblico la via del ritorno per raggiungere la nostra solita osteria al Kurfurstendamm.
A Berlino noi della Sassonia abbiamo il nostro tavolo fisso, ogni giorno ci vengono tutti quelli di Monaco e ci si racconta di questo e di quello, un po’ meno di quello, ma in compenso più spesso di questo.
Purtroppo oggi, con mio disappunto, io non avevo nulla da raccontare dei giochi olimpici, perché non avevo visto niente – e tutti mi stavano ad ascoltare inutilmente

segnalata da Cate
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