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Fantasia
di John Keats
Indice piccole storie Indice autori

Dicembre 1818 

Lascia sempre vagare la fantasia, 
È sempre altrove il piacere: 
E si scioglie, solo a toccarlo, dolce, 
Come le bolle quando la pioggia picchia; 
Lasciala quindi vagare, lei, l’alata, 
Per il pensiero che davanti ancor le si stende; 
Spalanca la porta alla gabbia della mente, 
E, vedrai, si lancerà volando verso il cielo. 
Dolce fantasia! Libera sii per sempre! 
Son rovinate dall’uso le gioie dell’estate, 
E appassisce il godimento della primavera 
Come i suoi fiori. Anche le bocche rosse 
Dei frutti autunnali quando tra le nebbie 
E la rugiada ardono come fanali 
Saziano a gustarle: e dunque, che fare? 
Siediti vicino al fuoco, quando 
L’arido ceppo vampeggia lucente 
Come lo spirito stesso dell’inverno, 
Quando la terra silenziosa è imbacuccata, 
E la neve rappresa è scompigliata 
Dallo zoccolo pesante del contadino, 
Quando la notte in oscura cospirazione 
S’incontra col mezzogiorno 
Per bandire la sera dal suo cielo. 
Sì, siediti qui, e con la mente 
Intimidita dall’immaginazione, 
Invia la fantasia ad un’alta missione. 
Ha vassalli al suo servizio, 
E ti porterà a scapito del gelo, 
La bellezza che la terra ha perso, 
Ti porterà accumulate 
Con quieto e misterioso furto, 
Le gioie dell’estate e i boccioli 
E le campanule di Maggio, 
L’erba rugiadosa e la frasca spinosa, 
L’opulenza doviziosa, infine dell’autunno. 
E questi piaceri mescolerà 
Con tre acconci vini in una tazza 
Che tu berrai: - e udrai 
I lontani canti dei mietitori chiari, 
Il fruscio del grano tagliato, 
I dolci uccelli inneggianti al mattino: 
E insieme, - ascolta! 
È l’allodola di Aprile, mattutina, 
Sono i corvi, con affannoso gracchiare, 
Alla ricerca di pagliuzze e fuscelli. 
Con un solo sguardo coglierai 
La margherita e il ranuncolo, 
I gigli dalle bianche piume e la prima 
Primula che sboccia sulla siepe, 
Il giacinto ombreggiato, eterno 
Re di zaffiro della metà di Maggio, 
E ogni foglia, ogni fiore 
Imperlato dallo stesso scroscio. 
Vedrai il topo di campo sbucare 
Magro dal suo sonno nella cella, 
E il serpente, sottile per l’inverno, 
Deporre su una sponda assolata la sua pelle, 
Vedrai uova di nido screziate 
Pronte ad aprirsi tra il biancospino, 
Quando l’ala della femmina riposa 
Quieta nel suo nido muschioso; 
Vedrai il tumulto e l’allarme, 
Quando l’alveare riversa fuori il suo sciame, 
E le ghiande mature tambureggiare 
Quando le brezze d’autunno cominciano a cantare. 

Dolce Fantasia! Libera sii per sempre! 
Ogni cosa è rovinata dall’uso: 
Dov’è la gota che troppo guardata 
Non sia appassita? O la fanciulla 
La cui bocca matura non sia intristita? 
C’è forse un occhio, sia pur color del cielo, 
Che a lungo andare non stanchi? C’è forse un volto 
Che in ogni luogo vorremmo incontrare? 
Una voce, sia pur dolce, che sempre 
Sia dolce udire? Si scioglie 
Solo a toccarlo, dolce, il piacere, 
Come la piaggia quando la bolla picchia. 
Lasciala vagare, lei, l’alata, 
Che alla tua mente trovi un’amata 
Dagli occhi dolci come la figlia di Cerere 
Prima che il dio del tormento 
Le insegnasse il rimprovero e lo sgomento, 
Con una vita e dei fianchi 
Come quelli D’Ebe bianchi, quando 
Sfuggendo al fermaglio d’oro si sciolse la cintura 
E giù le cadde la tunica ai suoi piedi, 
Mentre una dolce coppa lei teneva in mano – 
E Giove si sentì illanguidire – Spezza le maglie 
del serico guinzaglio, libera la fantasia, 
Rapida rompi la corda che l’avvince, 
E gioie simili ti farà avere. 
Lascia sempre vagare la fantasia, 
È sempre altrove il piacere.

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